Olimpiadi: una ferita con un disegno

V: oggi è il giorno della partenza dei ragazzi (per Pyeongchang-Giochi olimpici invernali)... tu che ci sei già passata, come faccio a smettere di pensare che avrei dovuto esserci anche io su quell'aereo e a smettere di essere arrabbiata?
G: ... non ti chiedo di smettere di pensarci.
La verità è che ci penso ancora anche io a come sarebbe stato.
E vibro al solo pensiero.
Direi che è più che naturale.
Sai cosa ho fatto quella volta (quando non mi sono qualificata alle Olimpiadi di Londra nel 2012)?
Mi trovavo ad una tappa del campionato italiano, in albergo mi ero presa una singola (cosa che di solito non si fa perché si sta con la compagna).
Era venerdì sera e mi sono chiusa in camera a guardare la cerimonia di apertura dei giochi di Londra.
Ho spento il telefono e me la sono goduta... tra litri di lacrime e reali consapevolezze.
Avevo bisogno di tempo.
Tempo per me, tempo per me e quel Sogno sfumato.
Ho visto sfilare l’Italia, ho visto sfilare tante amiche di altre nazioni che incontravo ogni settimana al world tour.
Ho visto sfilare l’Olanda e le sue ragazze che ci avevano battute per quel posto alle Olimpiadi.
Erano felicissime.
È stato durissimo, ma nel contempo terapeutico restare incollata alla tv per ore a vivere ciò che io e la mia compagna avevamo sognato e immaginato nel dettaglio.
In ogni minimo dettaglio.
È stato saper chiudere un ciclo.
Un cerchio direi.😉
È stato capire e credere quanto valessimo, nonostante non fossimo lì.
È stato riuscire a dare merito al mio avversario e fare pace con le colpe che mi attribuivo.
È stato rispettare quel momento della mia vita, perfetto e giusto così.
Prima o poi avrei compreso il “perché è capitato a noi? Perché non sono riuscita a fare meglio?”
Una settimana dopo ho vinto lo scudetto in Italia insieme ad un’ altra super compagna, Lucia.
Mi ero settata su nuovi obiettivi, mi ero rimessa in gioco.
Nonostante non avessi coronato il sogno per cui avevo lavorato per anni, avevo scelto di amare il mio sport e di onorarlo al massimo delle mie capacità.
Vincere in Italia era quello che in quel momento potevo e volevo fare.
E poi... poi accadono le magie.
Quando fai tua la lezione, quando comprendi che c’è un disegno più grande, quando ti rendi conto che è ok che sia andata così perché tu hai dato il massimo ed è solo dando il massimo che cresci e ti conosci davvero...
ecco che i tuoi obiettivi si trasformano e vengono messi a disposizione di un bene più ampio.
Ho scelto di diventare una mental coach.
E ad oggi non cambierei una virgola della mia storia, perché mi ha permesso di diventare la donna e la professionista che sono.
Con i miei difetti, i miei fallimenti, e le innumerevoli sconfitte.
Ed é questa la magia che mi consente di guidare gli altri a vincere come persone prima che come atleti: l’aver perso la partita più importante.
Ti capisco, ti sono accanto.
E rispetto questa tua ferita.
Abbine cura.
“Se non puoi essere un pino sul monte,
sii una saggina nella valle,
ma sii la migliore piccola saggina
sulla sponda del ruscello.
Se non puoi essere un albero,
sii un cespuglio.
Se non puoi essere una via maestra
sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole,
sii una stella.
Sii sempre il meglio
di ciò che sei.
Cerca di scoprire il disegno
che sei chiamato ad essere,
poi mettiti a realizzarlo nella vita.”

Douglas Malloch

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